Forse non è il caso di tornare esattamente come prima; forse il problema non è recuperare il terreno
perduto, o essere resilienti, né ristorare.
Tornare come e meglio di prima… come se non fosse accaduto nulla e come se prima le cose andassero bene per tutti...
Dal trauma la rinascita, secondo la retorica patriottica. Dall’infortunio al podio: sù un po’ di entusiasmo!
Ottimismo!
In effetti restaurare è avere un rapporto con il passato e la Befana ce l’ha, con il mito e l’archetipo… parole scivolose. Tuttavia, non un rapporto di soggezione rispetto a quanto è venuto prima, da venerare, rimpiangere nostalgicamente o riattivare. Piuttosto come un atto di liberazione!
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...sono le tracce dei viventi, orme e impronte degli animali, delle anatre, degli aironi, delle rane, che su quelle stesse sponde
abitano, nascondendosi; il lascito degli uomini che lavorano la terra e i sentieri lungo il fiume...
...quella della befana è sempre stata una traccia un puro passaggio: “È lei, non è lei?” “io l’ho vista!”. “Ma no, nella penombra.., non ne sono sicuro”. Le luci non illuminano ma sono chiaroscuri e ci sembra di intravedere, quello della befana è il
gioco del c’è e non c’è. È il gioco del vicino e del lontano, del qui e dell’altrove. Nel paese dei sogni si incontrano e fanno
festa, con lei, i bambini. In quell’altrove abitano continuamente; lì giocano e ogni elemento del mondo è un simbolo.
Quanto a noi, di quel passaggio, di quell’assenza portiamo la traccia nel più intimo..
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La mondializzazione è il farsi mondo di una parte. Quando si dimentica di essere tale, volendo essere tutto, riduce ad uno. È estensione di un modello esemplare, di uno stile di vita, di un modo di pensare i rapporti umani e di pianificare e regolare l’organizzazione economica, sociale e politica.
“Mondo” significa “pulito”. Facendosi mondo, questo movimento espansivo intende mondare e fare pulizia. Vediamo bene che il nuovo ordine mondiale è mosso da un’ossessione paranoica di immunità e sicurezza, di purezza. Mondanizza così antiche promesse di salvezza. Che, anziché venire dall’altro, si dà da sé! E allora, si salvi chi può! Solo se rimarrete immuni, vi conserverete sani e salvi!
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La parola, al singolare e non le parole al plurale. La singolarità di questa nostra parola plurale – la parola della Befana – si è espressa negli anni:
- in discorsi e discussioni, pubblici e politici;
- in ricerche e sperimentazioni di linguaggi: espressivi, figurativi, teatrali, concettuali, musicali…
- in una riflessione continuativa sul linguaggio e la parola dell’infanzia.
Parola plurale, non è un coro; è di tanti, ma fuori dal coro! ...
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Tutto lascia pensare che la Befana sia d'accordo… se infatti guardiamo il fiume, dopo l'incontro viene la convivenza e questa si produce in snaturature.
Parliamo di alcune piante che nessuno ha mai visto sul fiume, ma dicono ci siano. Le prime sono erbe numerose e, dato che c'è poco spazio e sono tante, si fanno più sottili per poter crescere tutte e andare più in alto. Certi rampicanti invece hanno una brutta fama: chi non è contento di sé li chiama parassiti, quando invece hanno solo gentilmente chiesto al tronco di dargli una mano per tenersi su, visto che da soli in questo momento proprio non ce la fanno. Il tronco gli ha risposto di far pure, che tanto ce la fa. Gli ultimi sono due peperoncini: uno dolce e l'altra piccante: si scambiavano sguardi da lontano e si sono innamorati. E anche solo a guardarsi uno ha preso dall'altra, che l'ha portato sulla cattiva strada. ...
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La Befana sul Lambro è arrivata alla sua trentesima edizione e nel tempo ha inventato una forma di lavoro collettivo e un linguaggio poetico inediti che attingono alla cultura popolare delle genti del fiume. Un linguaggio artistico corale, composto di tante parole, grida, risate, borbottii, toni, note, idiomi diversi che sono via via sorti dalle acque del fiume che in esse si sono perduti e sono riemersi, fatto di voci inimitabili e insostituibili di tanti uomini differenti per provenienza, cultura, desideri e destini. ...
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Attorno alla barca della Befana nuotano meduse, danzano gli anemoni di mare, saltano i delfini, schioccano le cozze; giocano dimentichi di quello che accade in superficie. Un'immersione nell'innocenza e nella gioia dell'infanzia che vede ogni cosa con occhi diversi.
Oltre la sofferenza, oltre la violenza che gli uomini s'infliggono tra una riva e l'altra, la memoria di una comune provenienza. E' la memoria di qualcosa che non sappiamo bene, qualcosa di tanto prezioso da averlo nascosto nel luogo più segreto e ora introvabile: la dolcezza dove ognuno ha abitato e che ci fa tutti uguali. ...
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Buoni. Stanno buoni buoni gli animali del fiume. Il Lambro stesso scorre lento o irrequieto, secondo quanto comandano le stagioni. Pesci e oche che sono di casa, testa bassa, spizzicano, frugano il poco offerto loro dal tempo, conformi alle abitudini che la natura dispone. D'altra parte non saprebbero vivere altrove: hanno ali troppo deboli per volare via come l'airone, branchie anziché polmoni che li incatenano all'acqua. E il fiume stesso, imbrigliato nel suo corso o destinato a tornarvi quando lo rifiuta, scorre sempre dall'alto in basso. ...
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La Befana naviga lungo il fiume tra i sogni. C'è chi sogna di lei, aspettandola. Chi sogna i sogni che lei invita a sognare: le rive del Lambro sono infatti tutto un muoversi di fantasmi che nel chiaroscuro, tra i fuochi, compaiono e dileguano. E c'è chi grazie a lei si lascia sognare dai propri sogni, non comprendendo più chi sogna chi. Così la Befana risponde a un desiderio profondo, anzi ad un bisogno più necessario di un desiderio. I sogni non sono desideri, come si dice, ma prima ancora bisogni. ...
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La Befana sul Lambro di quest'anno è essenziale. Dire essenziale non significa ridotta, impoverita o minore. Insomma non è la medesima cosa alla quale siamo stati abituati da Venticinque anni, solo un po'meno. No, niente di meno! La stessa, ma differente. Un filo che non si spezza, e che mantiene appunto l'essenziale. L'essenziale è dunque ciò a cui non di cui non si può fare a meno, ciò al quale non si può rinunciare pena la scomparsa di quanto invece definisce un'esperienza. L'essenziale è dunque l'irrinunciabile, il punto di resistenza oltre al quale non si può andare. ...
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Ancora una volta e una volta ancora...
Le magie inesorabilmente finiscono e passano, come acqua tra le mani. Abbiamo ancora gridato, chiamato, versato qualche lacrima, sorriso e abbracciato, ma, alla fine, i fuochi si sono spenti e l'oca è volata chissà dove. I suonatori hanno preso stracci e strumenti e sono svaniti in fretta dal fiume insieme alle tante persone venute ad aspettare la Befana. L'ansa del fiume è rimasta vuota, ma ancora illuminata. Il Cavallo del fiume, sull'isola, non ha ancora svelato il messaggio che porta dentro.. Gli ultimi “befani” raccolgono le ultime cose. Tutto è fermo, forse finito ...
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Ci è sembrato naturale quest’anno dedicare la Befana sul Lambro al drammatico episodio di devastazione ambientale che il fiume ha subito recentemente. Solo alcuni dati per richiamare l’accaduto: nella notte tra lunedì 22 e martedì 23 febbraio 2010 è stato provocato un versamento di circa 2,5 milioni di litri di idrocarburi (pari a 170 autocisterne) fuoriusciti dalla “Lombarda Petroli” di Villasanta. Nonostante i ripetuti tentativi di arginare la marea nera, questa ha attraversato il fiume e si è scaricata nel Po, provocando enormi danni all’ecosistema e uccidendo numerosissime forme di vita vegetali e animali di un fiume, il Lambro, già tra i più inquinati d’Europa, oltre che dei territori circostanti, rive e canali collegati. ...
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“Così semplice!” … ma ce ne accorgiamo sempre dopo.Il bambino invece nuota nel suo elemento, respira a pieni polmoni la semplicità, vive nell’innocenza dell’ora. Non ha nostalgia di quando tutto era semplice. La sua gioia non è un ricordo, ma ogni volta una nuova primavera di felicità. Non si può essere felici e saperlo; infatti se lo sappiamo non lo siamo, perché è sceso un velo tra la perfezione del gesto felice e la coscienza che lo scruta. Uno scrupolo, e la coscienza non è più innocente. Semplice come il pane e l’acqua, che in fondo non vogliono molto, anzi solo l’essenziale. ...
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Ci sono paure e paure. E la Befana, signora della paura, lo sa. Perchè il suo è il regno della notte, dei fuochi e delle ombre, il luogo in cui l'animale e l'umano si confondono, il tempo in cui la natura e il fiume si rianimano e, da servi dell'uomo, tornano padroni. Sono improvvisi lampi di terrore, inquietanti luci tremule, giganteschi mostri argentati che ricordano a chi da sempre già lo sa, prima di dimenticarlo crescendo, che quanto abbiamo da condividere è esattamente questo tremore, sono solo le nostre ferite e che quanto ci lega gli uni agli altri sono sempre e solo le nostre debolezze. Ma ci sono paure e paure. ...
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La nave dei folli scende lungo i fiumi e attraversa le città. Separata e mai stanziale, costantemente in transito, passa e inquieta il grasso paese che riposa felice dei suoi beni e adagiato sulle sue certezze. Come un margine che si apre al suo interno, come una ferita che può di nuovo slabbrarsi, nonostante ogni volontà di suturare, normalizzare e di ridurre all’ordine e alla disciplina. Sempre al limite, questa prova incombente, insieme dolorosa e felice, testimonia che non c’è confine definitivo tra normale e anormale, tra familiare ed estraneo, patrio e straniero, dentro e fuori, perché la nave dei folli, ospite intempestivo e inatteso, può sopraggiungere in qualsiasi momento dal fiume. ...
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Il tema scelto per il ventennale della Befana sul Lambro è il gioco. Ci è sembrato un ottimo filo rosso che lega quanto realizzato negli anni, ma anche lo spunto per lanciare un’ulteriore riflessione. In effetti è molto che giochiamo, ma non è certo tempo buttato, convinti come siamo che il gioco sia un affare estremamente serio. Così come lo sono i bambini. Avete mai visto i bambini giocare? Niente di più serio, e guai a fare i furbi. Per l’adulto da una parte è la vita vera, dall’altra il gioco. Gioco come pausa, passatempo, l’hobby che in realtà è la spia della noia. Per lo più non sappiamo giocare. ...
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La Befana sul Lambro esiste ormai da molti anni e, a suo modo, rappresenta di per sé un “patrimonio” dal significato non solo di costume, tradizione e festa, ma di cultura, incontro, approfondimento, ricerca, gioco, ritualità, mito e fiaba. Un patrimonio però “sommerso”, nascosto e custodito più dentro il cuore, la passione, la mente e gli scritti di chi lo ha vissuto, che non manifesto, visibile e tangibile in costruzioni, oggetti, macchine, scenografie accantonate senza un ordine preciso e impolverate in un magazzino ai più ignoto e inaccessibile. Da questa storia di genti e di fatiche, di giorni e serate passate a “preparare” la Befana è scaturito il tema del 2006: “patrimoni sommersi”. ...
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Invece si può, tralasciando il "si vuole" e il "si deve", che pure sono necessari perché si possa di nuovo rinnovare questo evento tra il rito, il magico, la favola e il sacro. "Non si può" sembra la legge di oggi: per bambini e adulti che si vuole restino bambini, perché adulti tutti d'un pezzo e perciò tutt'altro che bambini.
Non stiamo cedendo alla retorica del "dentro sono rimasto bambino". ...
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Per mesi (da settembre a febbraio) restiamo come imprigionati, impegnati nell’impresa un po’ folle di ideare, allestire e rappresentare ogni anno la Befana sul fiume Lambro. Perché sentiamo l’esigenza di continuare a riprodurre, rinnovare questa piccola grande operazione mitica e rituale? Credo che una possibile spiegazione risieda, come abbiamo detto in precedenza, nel bisogno di lasciare un segno, un’impronta per difendersi dalla paura dell’annientamento, del nulla, del non-io. E’ un po’ come riempire un vuoto che ci circonda e ci minaccia, per non perderci, per non disintegrarci, per non morire. Si va avanti per non morire c’è però un altro movente: il sacro. ...
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Befana naturalmente... Lei non sa chi sono io "Befana naturalmente" perché la civiltà in cui viviamo ha perso o rischia di perdere definitivamente la propria anima, violando continuamente non solo la natura (il mondo naturale esteriore), ma anche la propria natura umana (il mondo naturale interiore). E la Befana può naturalmente domandarsi e domandarci: nel suo essere al di là e al di qua di ogni definizione, irriducibile a qualsiasi spiegazione o interpretazione. Proprio rifuggendo da ogni tentativo di ingabbiarla entro schemi, simboli, idee o immagini manifesta la sua ricchezza, il suo misterioso dispiegarsi dal passato, nel presente, in proiezione di un mondo extra-tempo, che si rigenera e si rinnova grazie al rito-mito della sua festa.
Oltre il cuore. La befana Oltre il cuore, con il dono di se stessa ci vuole riportare ad una umanità più naturale dove miti, magia e poesia sono le forze che animano la vita. Andare oltre il cuore è la sfida a cui quest'anno la Befana ci invita; una sfida contro noi stessi per spezzare la spirale della violenza, dell'odio e della guerra; per promuovere , nel cuore dei nostri bambini, in "incontri poetici on il mito", il dialogo tra le diversità e ridare cuore alle culture dei popoli del mondo. Durante la teatralizzazione grandi obelischi dominano la scena fino all'arrivo del grande Grifone.
Dinamismo immortale. Il mito della Befana diventa dinamismo immortale perchè il mito non è soltanto una fiaba ma una realtà vissuta, non è frutto della fantasia ma una realtà vivente che si crede realmente esistita in tempi primordiali e continua tuttora ad esistere per infuenzare il mondo e i destini degli uomini. Ogni edizione del mito è quindi una riedizione. Dinamismo ci richiama al movimento, alla vivacità, all'energia, termini vicini al bambino, al corpo e alle potenzialità del corpo. Il simbolo che caratterizza la teatralizzazione è la Befana che in un corpo inadatto riesce ugualmente ad esprimere il suo armonioso dinamismo evolutivo.
Befana fuori moda e delle maniere. La conclusione e l'inizio di un nuovo millennio non potevano lasciare indifferente la Befana che nell'euforia, nell'esaltazione e nelle celebrazioni che pervadono il nostro mondo sceglie di essere fuori moda. Ma alla nostra Befana non basta essere fuori moda, vuole anche tramandare delle maniere. Maniere che non è un modo formale di essere ma un modo particolare di critica e riflessione. L'azione ripetuta diventa mito e le maniere sono singoli gesti di un atto corale che si esperisce dal cuore fino alla testa dai piedi fino all'anima. Nel buio si svolge la teatralizzazione con il sacrificio del re e la sua rinascita, aperte le porte augurali il fiume si popola di personaggi, il grande cervo incontra la Befana e la festa si compie.
Poesia di giorno e di notte. Il tempo terrestre scandito dai due momenti astrali (giorno e notte, sole e luna) determina in modo visibile la vita, ciò moltiplica nel bambino l'ambiente immaginario e l'equilibrio biologico. La teatralizzazione di quest'anno si caratterizza per un intervento più sulla poeticità e l'immaginifico delle azioni, piuttosto che sulla fiaba-narrazione filo conduttore delle passate edizioni.
Orchi e Briganti ed altre paure Il veliero fantasma, l'albero degli impiccati, i briganti e la Befana parlano con i bambini delle paure primordiali, istintuali di cui la Befana è sintesi e mito di passaggio, dove il bambino/a entra nelle prove delle paure primarie, esistenziali e del meraviglioso e angoscioso mondo dell'accettazione del destino degli esseri.
Befana e cose dell'altro mondo. A conclusione dell'anno Europeo contro il razzismo il Lambro si trasforma in un grande mappamondo destinato a dare spazio a tutte le culture. Ai quattro lati della piazza del fiume gli "scudi" dei punti cardinali, le imponenti statue dell'Isola di Pasqua, la trasparente medusa, il pavone indo-persiano, l'igloo e gli orsi del polo l'albero dei Frutti luiminosi. Ed infine il grande Nautilus simbolo di un viaggio immaginario alla scoperta di tutte le culture e i danzatori d'oriente per annunciare la vecchia Signora.
La Befana e le altre forme del fiabesco. Il. grande coccodrillo con la televisione viene ammansito dagli altri linguaggi che raccontano il "fiabesco". Il tetro cammina nell'acqua, il cinema resta muto, i cantastorie, il carro dei saltimbanchi etc.
La fiaba del meraviglioso disamore. Il fiume viene distrutto dall'insensibilità degli uomini. Arriva il grande drago con la Befana e fa rinascere la pace tra l'uomo e la natura.
Befana e Culture S'confinate. Contro l'egoismo dell'uomo di possedere pezzi di vita, di natura e cultura di altri ambienti.
La grande tartaruga e l'aurora boreale aiutano la Befana.
La Befana pacifica il Robot e i giochi del passato. Il bambino che non gioca non è un bambino. Ma l'adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che è dentro di sè (P. Neruda).
La Befana e i Kachina - Ciquecento anni dalla scoperta-conquista dell'America. La grande luna, la grande piroga e i Kachina incontrano la Befana per parlare del diritto di tutti i bambini del mondo ai loro miti-festa.
Madre Natura parla ai bambini dei suoi desideri e delle sue speranze assieme alle stagioni, ai pesci, agli animali fantastici ed al grande mulino.
La grande Oca Il fiume diventa Oca che rappresenta la memoria e la cultura del luogo.
Il grande pesce Il Lambro, sotto forma di un grande pesce, incontra la Befana nel posto ormai deputato al grande incontro.
Aspettandoti Befana il gorgone - il grande mascherone a filo d'acqua - viene alla piazza perchè sente che c'è festa, ed incontra la Befana, gli animali e i bambini.
Lunedì sera, 5 gennaio 1987, verso le ore 20.00, l’aereo sul quale viaggiava la befana, un vecchio e grosso aereo, è caduto nel fiume Lambro vicino al ponte di Agliate.
Tutti i bambini che attendevano la befana hanno assistito, impauriti, in lontananza, al disastro.
Il vecchio fiume divenne come una strada e restituì la befana ai ragazzi, trascinando dolcemente lungo la corrente il pesante aereo, miracolosamente rimasto a galla.
Il fiume si fece convincere ad essere buono ancora con i ragazzi.
Dei grossi cigni bianchi chiesero che il fiume intercedesse per salvare la befana.
La befana arrivò e i bambini furono felici e contenti.
Dal castello del paese, la gente lanciò piccoli fiori accesi sulle acque rugose del vecchio fiume, in segno di ringraziamento.