BEFANA SUL LAMBRO 2012 5 gennaio 2012 ore 18.30 Agliate
Befana 2012: Giravolte e raggiri per approdi di feste
Ancora una volta e una volta ancora...
Le magie inesorabilmente finiscono e passano, come acqua tra le mani. Abbiamo ancora gridato, chiamato, versato qualche lacrima, sorriso e abbracciato, ma, alla fine, i fuochi si sono spenti e l'oca è volata chissà dove. I suonatori hanno preso stracci e strumenti e sono svaniti in fretta dal fiume insieme alle tante persone venute ad aspettare la Befana. L'ansa del fiume è rimasta vuota, ma ancora illuminata. Il Cavallo del fiume, sull'isola, non ha ancora svelato il messaggio che porta dentro.. Gli ultimi “befani” raccolgono le ultime cose. Tutto è fermo, forse finito
Potrebbe sembrare una conclusione, una “domenica del villaggio”, ma la giravolta è in agguato, è là dietro un arco del ponte e sta aspettando che le speranze si affievoliscano per dare il suo colpo di coda, per mischiare il mazzo e farne scaturire un altro inaspettato finale. L'ho vista, è là e guarda, nascosta nei mulinelli del fiume, nei ciuffi d'erba vicino all'acqua, nei fumetti che lasciamo nel freddo respirando, nelle sigarette accese sotto il ponte. Lei non ha fretta, sa attendere e quando deciderà di sciogliersi sarà differente; differente da ogni previsione che avremmo potuto fare, colorata delle tinte che deciderà e noi potremo solamente subirla perché è stizzosa, dispettosa, imprevedibile e allieta e meraviglia oppure preoccupa, a seconda del suo umore.
Allora e solo allora il grande Cavallo partirà davvero per espugnare le nostre muraglie, per sorprendere la coscienza e lanciarla per una nuova purificazione. Tutti i giorni saranno finalmente “IL” sabato del villaggio, ci regaleranno pulite attese del buono o del gramo, distillate dalle inutilità e dagli orpelli, come semi in cerca ogni giorno del primo sole, della pioggia, del vento.
Si spengono le luci e il fiume ritorna al suo scorrere. Ma, ecco....forse....
Aldo
I VENTICINQUE ANNI DELLA BEFANA
Testo dell’intervento alla serata di presentazione della Befana 2012
L’idea è di Narima, mi è piaciuta, ne abbiamo discusso con alcuni di voi e l’ho sviluppata.
Quando finisce una storia durata 25 anni è naturale sentire rimpianto o tristezza.
La prima cosa da dire è che il laboratorio si ferma, se si ferma, quando è il momento giusto perché non diventi una professione. Il laboratorio non lo è, perché è invece un’espressione della cultura popolare, quella che passa di mano in mano, attraverso le generazioni.
Guardate che non sto esagerando e lo posso testimoniare. Scusate se ci metto una nota personale: ero bambino quando Enrico e Rosi con altri venivano dai miei e in altre case di amici, di casa in casa a fare la Befana. E ho accompagnato i miei figli nella pancia del grande cigno sul fiume.
La cultura popolare ci precede e ci segue, è di tutti e di nessuno. Abbiamo sempre saputo che quel che facciamo non ci appartiene – brucia in un falò ogni volta – che non dipende innanzitutto da noi. Ha bisogno certo delle nostre invenzioni e del nostro impegno, ma in realtà somigliamo più a rabdomanti che avvertono dov’è sepolta la sorgente.
Voi sapete che cultura popolare e mito sono legati tra loro; infatti abbiamo sempre lavorato sul mito. Quando si chiede qual è il tempo del mito la risposta di scuola è: mai e sempre. Il tempo del mito ci precede e segue (come la cultura popolare).
In tanti miti ricorre la figura dei giganti che si addormentano, si curvano e disegnano con il loro corpo il profilo di una montagna. Non scompaiono. Restano lì come un sedimento roccioso. Questo è il destino del nostro lavoro di 25 anni.
Non sono morti, ma dormono. Il tempo del mito è il tempo del sogno. Il tempo è un bambino che dorme e sogna qualcosa di nuovo e meraviglioso; non sappiamo cosa, si vedrà quando i giganti saranno risvegliati da qualcun altro – un nuovo laboratorio unito attraverso un misterioso legame a questo nostro; quando il fiume della cultura popolare tornerà in superficie in altre forme (questo è per noi il Lambro, il fiume della cultura popolare).
I giganti si sono risvegliati tante volte, grazie ad altri prima di noi, grazie a noi e poi ad altri dopo di noi. E di tutte queste volte i bambini se ne ricordano ancora.
Ma adesso lasciamoli dormire e sognare.
1987 - 2012: Venticinque anni di Befana sul Lambro
E' nato il libretto, ideato e realizzato dal Laboratorio Befana 2012, che con disegni e riflessioni racconta tanti anni di impegno per l'infanzia e l'immaginario.
Disponibile in laboratorio!!!
i contributi:
I primi scritti riguardanti la Befana 2012
LABORATORIO
Un rettangolo di cemento contornato da alte pareti con finestroni a quadretti dalle quali si vedono solo cielo e foglie: questo è il laboratorio, quello fisico, e anche freddo.
Potrebbe essere qualsiasi luogo... ma è proprio questo il fulcro!
Vero, il laboratorio- capannone è così, con il suono dolce del Fiume come sottofondo, con le cose, il costruito, il da-costruire e le vecchie creazioni appese o accatastate.
A volte però, piano piano, si riempie di persone, di bambini, di voci, profumi e sembra prendere forma, una qualsiasi forma.
Questo preciso momento si interseca con la più grande delle speranze.
Attraverso la custodia e la protezione del mito, con la manualità e l'invenzione, con il colore usato e la materia che cambia aspetto, si manifesta il vero intento, intento che è tanto grande quanto difficile.
La sostanza che diventa “modus vivendi”.
Il laboratorio che da luogo fisico si trasferisce nella mente e che da questa, poi, migra nella vita di tutti i giorni e diventa la “qualsiasi” forma di ognuno.
Ecco la grande speranza.
Che tutti i giorni siano un laboratorio, che ogni gesto ritorni ad essere il riflesso di un pensiero, ogni colore una possibilità diversa, che il risultato sia frutto di discussione e percorsi diversi e critici, che non ci si fermi all'apparenza, che non ci si accontenti dell'immediatamente disponibile.
Questi gli auspici, queste le illusioni.
Allora il mito-festa troverà una collocazione fuori da sé.
Aldo
GIRA IN TONDO
Sempre da qui si parte. Sempre da questo ponte, che supera la paura, che porta oltre, che dischiude luoghi inarrivabili. Ponte che corre nei tempi, che fa passare acque vecchie di millenni, vecchie e nuove...vecchie e nuove....ogni volta. Passaggio al di là del quale il prima diventerà poi, lo scuro sarà chiaro, lo sconosciuto si svelerà. Mi piace questa ambivalenza. Mi piace il ponte che diventa passaggio tra dimensioni diverse. Come del resto diverse sono le esperienze che hanno sempre bisogno di un ponte per realizzarsi, per collegarsi. Di più: il ponte è nella nostra mente tra un pensiero e l'altro, tra una persona ed un' altra, lo usiamo più di quanto crediamo.
Mi ci sono fermato sopra oggi, come ormai mi capita di fare da qualche anno. Ogni tanto ci passo per gettare un'occhiata al fiume. Un saluto.
Seguo con gli occhi una foglia che galleggia ondulando sull'acqua. E' arrivata da sotto un arco e si sposta verso destra in una ardita curva verso riva tanto che sembra fermarsi...invece, aumentando improvvisamente la sua velocità e stringendo la sua curva si infila in piccolo vortice vicino ad una pietra, e gira....gira....gira.... volta e gira, giravolta. Poi se ne va, indifferente, ancora ondulando e si perde, scompare dalla mia vista.
La giravolta è un momento, un istante di potenza, è mischiare il mazzo delle carte, la desiderata illusione di poter cambiare il corso degli avvenimenti. Ancora, è il guizzo fulmineo di un gesto, la meraviglia del racconto...ma dura un istante e l'istante successivo è già e ancora diverso.
Il fiume è abituato alle giravolte, al diverso alternarsi del caso. E' capace di trasformarsi, deviare, distruggere e costruire, dare la vita o toglierla.
Il ponte si fa attraversare dal fiume e dagli uomini, è il portatore di giravolte e le regala a chi è disponibile a coglierle e a viaggiarci dentro, a camminarci in tondo come in un prato dopo la prima neve i bambini.
Le giravolte sono nelle favole, in ciò che sembra e non è, in quello che credi e non sai.
Le feste, la Befana sono attimi, sono giravolte di un respiro del fiume e tutti noi ci siamo dentro, con due piedi, fino a bagnarci, immergerci in quello che a breve sarà solo eco tra gli archi.
Cantano gli archi
i racconti del fiume:
Echi di feste.
Aldo
LE FOGLIE
La domenica è limpida, peccato, la cercavo un pochino più brumosa, più vicina al mio sentire. Quelle foschie quasi trasparenti che a volte vicino al fiume regalano qualche segreto in più, qualche incertezza, mi attirano. Quelle foschie che ti stringi nel giubbotto per l'umidità, mi portano i ricordi più belli. Quelle che cerchi un bar per sederti al tavolino e scaldare nelle mani un bicchierino di grappa ed ascoltare i vecchi che discutono di pensione o dei figli con le carte da scopa in mano...
Amo tanto questo mio essere talvolta malinconico, è una medicina che mi aiuta a lenire il disincanto, che diluisce questo vivere serrato attorno alla gola.
Tant'è.
Mi sono incamminato lungo il fiume, dalla parte ancora soleggiata, cercando il confine tra ombra e luce, per cavalcare qualche istante sul loro confine e parlare con l'acqua e le foglie.
Lungo il sentiero sono accompagnato dal Lambro, alla mia destra. Mi ascolto cantare tra i passi.
Un rigagnolo scende dal fianco roccioso, passa sul sentiero e scende verso il fiume. L'acqua gioca con le foglie e anziché portarle a valle le tiene con sé e ci passa sopra accarezzandole, come per fermare questo angolo d'autunno, come per paura di un inverno.
Le foglie cadono in giravolte.
Sto cercando, si, sto cercando qualcosa, un accadimento, come mi capita prima di cominciare il laboratorio della Befana e mi trovo sul limitare, quasi ma non ancora. Sono solo e mi piace perché certe volte bisogna essere soli, che bisogna ascoltare con attenzione un fruscio o una voce lontana o i pensieri che di soppiatto attraversano, incrociano. Loro, i pensieri, sono li, come le foglie sotto l'acqua ed aspettano di poter correre via... ecco, come le foglie colorate sotto il vetro di certi vassoi dove si appoggiano le tazze. Sono qui a togliere il vetro.
Non mi rendo conto, invece, di essere io l'oggetto dei pensieri, io spinto da una forza grande che mi ha portato qui ad immaginare, sul fiume a cercare. Comprendo finalmente appieno l'intento del laboratorio.
Canto sottovoce, ancora.
Aldo
GIRAVOLTE E RAGGIRI.
Per approdi di feste
Quando arriva la befana, chi viene sulle sponde del Lambro è lì per vedere quel che è invisibile agli occhi. Per questo, i più curiosi, come sempre, sono i bambini, i cui occhi limpidi sono i migliori per vederci chiaro al buio…
Vedere cosa? La befana che porta con sé sul fiume la sua corte dei miracoli. Li accompagna e li introduce, con giravolte e raggiri.
Raggiri, perché la befana per aver accesso è costretta ad operare un inganno; deve girarci intorno se vuole trovare il pertugio che le consenta di entrare. Come sarebbe possibile altrimenti vedere quel che è invisibile agli occhi, se non lateralmente, se non attraverso uno sguardo differente, obliquo, quello della critica e dell’arte?
Giravolte, perché quel che è invisibile non è né qui né là e in nessun luogo, ma negli occhi di chi vede. In effetti, non si sa bene da dove venga la befana prima di superare le arcate del ponte, né dove poi sparisca. Un giravolta dopo l’altra, il suo cammino è una peripezia. La direzione non è chiara e non si sa bene dove guardare, finché, immersi in un brulichio di fantasmi, in danze e giravolte, la testa gira e il corpo cade, indicando improvvisamente la strada, una per ciascuno, imprevedibile.
Sugli stratagemmi da lei ideati, che sono poi le macchine e la teatralizzazione inventate ogni anno dal laboratorio e sempre nuove, riflette la befana sul fiume Lambro 2012.
Il raggiro quest’anno è simboleggiato da un grande cavallo, al tempo stesso giocattolo e astuzia greca per scardinare le mura della città – di nuovo il simbolo è doppio, come sempre ogni elemento nel campo del gioco, nel reame dei sogni e dell’infanzia. Scuote e smuove così l’antico deposito di simboli sedimentato nel profondo di chi guarda. Ma per noi cosa significa? Il cavallo evoca il complotto o la congiura che i partecipanti ordiscono ogni anno nel ventre del laboratorio, per forzare l’immaginario precostituito e preconfezionato e dunque chiuso come le mura di una città; il nostro stile di vita e il nostro sistema consumistico hanno infatti bisogno per imporsi di esercitare un’enorme violenza simbolica e di assoggettare l’infanzia a tale immaginario impoverito. Devono privare i bambini della loro capacità di vedere l’invisibile, per costringerli ad una rappresentazione della realtà da accettare a scatola chiusa.
La befana arriva e con lo stratagemma del cavallo introduce i suoi compagni: i portatori, gli animali, le lanterne, i danzatori, il matto, i fuochi, i bambini… Con l’inganno, perché sappiamo ormai da anni che è necessario essere strategici: non c’è gesto eversivo che immediatamente non venga riassorbito e normalizzato. Così è anche per il gioco. Questo ha delle regole che si collocano un passo dentro e uno fuori la realtà, dunque disequilibra e spiazza; ebbene, questa ricchezza viene ridotta ad una ripetitiva reazione ad impulsi elettronici. Ma una volta sacrificate le straordinarie risorse produttive dell’immaginazione, quando il gioco non è più spazio di libertà e di invenzione, ecco, allora la sua carica eversiva è stata riassorbita e normalizzata.
Invece, i raggiri della befana, ovvero le cornici poetiche che ogni anno allestisce sul fiume, sono supporti che non sostituiscono una realtà con un’altra - non è un momento di evasione - ma che consentono di vedere altrimenti questa stessa realtà. Dunque non sono finzioni o pallide copie della realtà, ma un altro mondo e tuttavia non altrove, ancora lo stesso mondo, ma altrimenti.
Le giravolte e i raggiri della befana sono invenzioni, sponde offerte, perché l’altro, infine, e i bambini in anticipo su tutti, vedano quello che, invisibile, nessuno aveva mai visto prima. Sono sponde per approdi di feste.
Mario Vergani
MI VEDI, SPUNTO DALLE TUE CHIOME
Mia madre mi ha detto: «chiudi gli occhi e stringi i pugni, resta così finché non te lo dico io».
Ho fatto come mi ha detto. Abbiamo iniziato a camminare in fretta lungo la strada che porta al ponte di Agliate, lo capisco perché si scende e perché sento il rumore del fiume …
Resto così, poi lei mi preme leggermente la mano e mi dice: «lo senti il suono?!?!»
«No, non sento nulla», rispondo.
Non sento nulla, solo il freddo pizzicarmi la faccia e una goccia umida colarmi dal naso, mi strofino il polsino della giacca a vento, ma continuo ad obbedire alla mamma…
Insiste: «Sei sicura, non senti nulla, il trillo, il trillo lo senti».
Quale trillo forse intende le campane giù alla chiesa, oppure confonde il rumore dell’acqua tra i sassi del Lambro … mia madre oggi è proprio strana, ma mi diverte sentirla così eccitata da questo gioco, un po’ ho paura, tutto quel nero, la notte l’avverto vicina …
Mi dice: «Lasciati andare, fidati di me. Vedrai che sentirai …»
Faccio come dice, dischiudo la mente e all’improvviso, come dal nulla, strani personaggi germogliano. Strane creature sbocciano come fiori …
Mi vedi,
spunto dalle tue chiome
saltello, schiamazzando,
intorno alla tua testa
mi tuffo nel prato,
son bruco in mela rossa incantata
e adesso volo
libera farfalla.
Sorrido, per un attimo la mia testa mi è sembrata una mela rosso fiamma, da dietro le orecchie ha fatto capolino un bruco giallo come il grano, un viso paffuto e buffo, fulmineo, facendo una giravolta, ha spiccato il volo, distendendo due enormi ali turchesi oltre il mio naso ed è svanito ...
La mamma sta ridendo: «ahahah, allora funziona ... ti ho visto sai, arricciare il naso, con chi stavi parlando …»
Funziona? Ma che cosa … so solo che non riesco a rispondere alla mamma … qualcos’altro sta attraendo la mia attenzione …
Mi vedi,
spunto dalle tue chiome
volteggio
in bianco vestito
sulle punte
faccio giravolte
son ballerina,
tu vuoi ballare?
Forza stendi la mano,
fai una giravolta
ruota, ruota ancora
ruota … ruotaaa ancoraaaa
la voce si è fatta sempre più fioca, una ballerina mi ha fatto volteggiare, la mamma mi ha preso appena in tempo, stavo per cadere dopo tutte quelle giravolte … sono sempre più curiosa …
Mi vedi,
spunto dalle tue chiome,
le vedi quante arance
faccio ruotare,
dai prova anche tu
guarda come girano,
prendi questa e falla piroettare
… ho afferrato l’arancia e la sto facendo balzare in aria, lo strano signore indossa un abito da giullare, tutto colorato, mi lancia un’altra arancia, l’afferro … il gioco si sta facendo complicato, alla terza ci provo, cade in terra … mi chino e quando risollevo la testa è scomparso …
Sento la mamma ridere ancora: «Magia, sei più brava di me, non capisci hai afferrato l’arancia al buio quando è caduta in terra … ti muovi a occhi chiusi … ma non capisci ancora, sei entrata hai spalancato la porta dell’irreale … ora sono più tranquilla ti posso lasciare la mano, sono sicura che non ti perderai e che quando avrai finito il tuo viaggio, saprai tornare indietrooooo».
La voce della mamma e sempre più lontana, sento che mi sta ancora dicendo qualcosa ma ormai faccio fatica a capire le sue parole. Davanti a me c’è un enorme portone che si sta aprendo … ma come mai sono così sicura, non ho paura di nulla è come se stessi per entrare in una casa dove ho sempre vissuto, eppure non la riconosco.
Mi vedi,
spunto dalle tue chiome
trillo al mattino
e ti do la sveglia.
Forza non aver paura
varca la soglia
sarai in buona compagnia …
La sveglia però la riconosco, è quella che tengo sul mio comodino, le chiedo: «che ci fai qui», risponde «il tempo è prezioso e non bisogna mai perderlo».
Le dico «ma io sto giocando che vuoi da me …».
«Ogni gioco finisce, io sono qui per ricordartelo, ma se vuoi che non finisca mai tramandalo a qualcuno a cui vuoi veramente bene».
Uffà che noia, ma che vuole … oltrepasso il portone, un enorme montagna di vecchi giocattoli sta in mezzo alla sala. Una signora anziana li osserva uno alla volta, quelli che secondo lei sembrano ancora utili li appoggia sul tavolo o li mette dentro un enorme sacco che è di fianco alla sedia.
«Ciao, tua mamma ne era certa … sì lei un tempo è arrivata fin qui ed era sicura che anche tu ce l’avresti fatta … brava bambina … è importante sai, saper valicare la porta dell’irreale … un giorno ti ricorderai di tutto questo e lo racconterai a un’altra bambina che prenderà il tuo posto, come tua madre prenderà il mio … sono troppo stanca, devo riposare».
«La mamma prenderà il tuo posto, ma cosa stai dicendo … chi sei? La mamma non può vivere qui? Deve restare con me …».
«Non ti preoccupare, quando aprirai di nuovo gli occhi non ti accorgerai che lei è andata via» mi disse sorridendo l’anziana signora …
Ho paura adesso, dov’è la mia mamma … ho aperto gli occhi, la sveglia sul comodino ha iniziato a suonare, per un secondo mi è sembrato che stesse dicendo qualcosa … la mamma ha aperto la porta della mia stanza … «forza Martina, sveglia la Befana, la Befana è passata e ti ha lasciato qualche cosa».
Era soltanto un sogno …
Tra i regali, qualche caramella e un orsacchiotto con un braccio scucito, c’era un biglietto:
Cara Martina, dai sempre retta alla sveglia, ogni gioco finisce … ma se vuoi che non finisca mai tramandalo a qualcuno a cui vuoi veramente bene … la tua Befana …
La mamma mi sta guardando, ho visto uno strano bagliore nei suoi occhi … ho capito tutto adesso, non c’è bisogno di tante parole, quando suonerà la sveglia per me … saprò ascoltare.
Iride Enza Funari
CHIUDO GLI OCCHI … ED ASPETTO FUTURO
Ti contemplo,
quanto tempo insieme.
Sgranchisco lo sguardo
tra flutti del corso
le narici espandono
al tuo odore greve.
Gli alberi
s’inchinano al tuo passo
ti rispettano come un tempo
come gli uomini
hanno dimenticato di fare, ormai.
Sono stanca, Lambro
son stanca di giostre,
ed ossa rotte …
ho bisogno di serrare un attimo
lo sguardo,
cerco il riposo
tra stracci d’ abito
ricamato di storie.
Ogni toppa un’avventura,
flutti di ricordi
abbarbicati tra le nuvole
di capelli cenerini.
Già sento il brusio
degli increduli
alle spalle.
«Guardate,
la Befana
si è addormentata».
«Ma no … sta solo riposando».
«Non vedete com’è stanca».
Sento i guizzi delle infanti voci,
quasi spaventate:
«mamma … e se non si sveglierà più …».
Avverto i genitori smarriti …
«Tranquilli, tranquilli …
sta riposando, non vedete
ha solo socchiuso gli occhi»
ma l’incertezza è evidente nel tono
della voce.
Anche loro, non ricordano,
d'avermi mai veduta in tal modo.
Intanto sprofondo sempre più
nel sonno.
Le ossa dolenti
le avverto come distendersi, dopo tanti anni
di freddo e umido.
Subentra in me
come un intenso calore
che dal cuore
si dirama a raggiera
in ogni goccia del mio vigore, spento.
I bambini
sempre più smarriti
mi circondano;
con le loro manine tiepide
mi accarezzano teneramente
il volto, i capelli
l’abito stracciato …
Li ascolto:
«Befana, Befanina … non ci lasciare,
resta con noi Befana … resta con noiiiii».
Le voci si affievoliscono,
appaiono sempre più lontane
… non ho più forza dentro,
sono ormai statua di sale.
Immobile,
appoggiata alla balaustra del ponte,
sento voci lontane,
confondersi, con il corso del fiume
e dei minuti che scorrono sotto i piedi
del tempo che ho narrato …
E così è successo,
quello che temevo è accaduto,
senza quasi che me ne accorgessi …
Inizia per me
una nuova vita,
dopo tante corse,
tanti pensieri,
tanti sogni da realizzare,
mi fermo qui …
A chi mi ha conosciuta,
seguita, a chi ha voluto raccontare
la mia storia … lascio un baule
colmo di ricordi.
Sono certa che tutti sapranno attingervi,
nel tempo a venire,
per far riemergere scorci
della mia storia fantastica.
Son certa che qualcuno
saprà cogliere i sogni
che ho avvolto in crine colorato
per dipingervi un nuovo meraviglioso sogno
e lanciarmi al galoppo … là, alla fine della corsa,
ci saremo ancora, perché il futuro …
... sarà ancora nostro …
per sempre vostra, Befana
Iride Enza Funari
Giravolte e raggiri per approdi di feste
Ci siamo anche quest’anno.
La Befana, l’imbrogliona del Lambro, vuole ancora raggirarci con i suoi soliti trucchi.
Anzi, con il suo solito trucco.
Quale? Quello delle tre carte.
La Befana prende le sue tre carte, le gira e le volta, le volta e le gira, preparando il suo raggiro.
Le tre carte o meglio i tre tarocchi della Befana sono quelli della Festa, del Mito e del Rito.
Il tarocco del Mito ha uno sfondo blu scuro con al centro la Luna, quello del Rito raffigura il Fuoco che rischiara il buio della notte; il tarocco della Festa è invece quello del Matto, di un giullare che danza con i piedi nell’acqua.
‘Venite gente a tentare la fortuna – dice la Befana, girando e voltando in continuazione i tre tarocchi – venite a scoprire la carta della Festa’.
La Befana mostra a tutti le sue carte, sollevando quella del Mito, poi quella del Rito e poi quella della Festa; e ancora prima gira la Luna, poi il Fuoco, poi il Matto…
Qual è la carta della Festa?
E la gente cosa può puntare al gioco della Befana?
Quel poco che le rimane del sogno e della fantasia, della creatività e dell’immaginazione, dell’ingenuità, dello stupore e della meraviglia.
Tutti sanno che si tratta di un raggiro di una vecchia imbrogliona, ma a nessuno importa: tutti vogliono giocare.
Del resto tutti sanno anche che, tra giravolte e raggiri, alla fine scopriranno la Festa: allora la vecchia Befana restituirà a ciascuno dei presenti le emozioni, i sentimenti ed i sogni della propria infanzia.
E’ da anni che la Befana, mischiando e confondendo queste tre carte riesce ad richiamare migliaia di persone, che arrivano per una festa ma che invece partecipano ad un rito, che mantiene in vita un mito.
Ma tutte queste parole non esprimono quello che conta veramente: le giravolte di chi fa la festa ed il raggiro – che si ripete ogni anno – di una vecchia che approda sulle sponde del Lambro fingendo di essere la Befana.
Alberto Bordogna
Ogni anno la "Befana" svolge e articola un tema sempre diverso. La scelta del "titolo" nasce non tanto da una casualità o una improvvisazione estranea a tutto ma da un sentire, un esplorare i momenti della vita sociale e culturale che più ci allontanano dalla sua partecipazione.
Per questo la "Befana" si avvale di tanti contributi verbali e scritti.
Contenuti verbali per avere la conferma o la critica del nostro "sentire" per quanto riguarda l'importanza di questo mito, la Befana, principalmente rivolto ai bambini ma dove gli adulti richiamano ed esplorano le loro emozioni che incidono sull'immaginario collettivo. Da questo "parlare" si concretizzano poi i pensieri in contributi scritti.
Su questi ed altri scritti si apre spesso il dibattito, il confronto con operatori ed educatori ma anche semplicemente con genitori e persone che hanno a cuore la salvaguardia della poeticità e della meraviglia del mondo infantile al quale la Befana e il suo mito di passaggio tende.
A partire dai pomeriggi di sabato 10 e domenica 11 novembre inizieranno nei fine settimana i laboratori al capannone di Agliate.
Vi aspettiamo, fiduciosi che la nostra vecchia e nuova avventura possa contagiare.
Per informazioni: 339.5984689
Dal 1987 l'arrivo della Befana sulle acque del fiume Lambro la vigilia dell'Epifania è diventata una teatralizzazione che si svolge nei pressi del ponte di Agliate (MB)
Promosso da Associazione Commissione Cultura Alternativa (CCA) di Carate Brianza, dal Comitato per il diritto al Mito-Festa dei bambini e dalla gente della valle del Lambro.
Con il patrocinio e il contributo di: Provincia di Monza e Brianza - Parco Valle del Lambro
Comuni di Carate, Albiate, Briosco, Giussano, Macherio, Sovico, Verano
Per informazioni Tel. 0362-906294 Cell. 3395984689 e-mail: rosesco@tin.it